SVEVA BASIRAH


Pubblicato su Flewid Book

Intervista a cura di Isabella Borrelli

Sveva Basirah, attivista queer musulmana, è una persona di carisma. Il suo carisma traspare anche attraverso lo schermo di una videochiamata Skype. “Mi senti?” - la domanda di questo nuovo rituale collettivo di fiducia nella tecnologia. “Ti sento”, è già entratə dentro.

Mi sta arrivando una shitstorm su Instagram.

Cosa succede?

I musulmani bigotti fanno squadrismo, una cosa che accade anche in altri ambienti. Capita che condividano una mia foto in un gruppo e arrivano a decine a riempirmi di messaggi aggressivi. Stavolta devo dire che li ho anche “provocati” poiché ho messo un post sui fan degli hentai e dei manga riferito a loro [prodotti pornografici e letterari di origine giapponese, ndr]. Sono molti i musulmani che trovano in una massima parte di queste produzioni una serie di rassicurazioni per quanto riguarda uno sguardo maschilista nel mondo. Da un’altra parte però, ritrovano molto forte anche l’elemento del sesso - che rappresenta la rottura di un tabù - e del feticismo.

Secondo te qual è la connessione tra un otaku - persona appassionata di anime e manga - e le comunità musulmane?

Gli otaku nel mondo islamico sono molti, soprattutto nell’aria malese e indonesiana. Sono persone molto giovani, dove l’elemento del manga rappresenta in qualche modo una via di fuga. Penso che le riflessioni sul tema della sessualità e del mondo islamico siano numerose, soprattutto in relazione ai tabù. Ad esempio sto lavorando a un progetto “il velo e l’eros”, una ricerca aperta con cui ho già analizzato oltre duecento film porno con donne velate tra prodotti realizzati da persone musulmane e prodotti realizzati in occidente.

Quali sono le differenze tra lo sguardo del patriarcato occidentale e patriarcato orientale alla donna col velo nel prodotto pornografico? Esistono delle feticizzazioni riguardo al velo?

Esistono molte feticizzazioni fuori e dentro dalla comunità musulmana. C’è stato un forte incremento dei prodotti pornografici con persone che portano l’hijab [velo che lascia l’ovale del volto scoperto, ndr] tra cui molto siti di cam girl gestiti da persone che portano il velo come elemento di performance. Tra i prodotti amatoriali, che secondo me sono più interessanti, si possono individuare due tipologie di fetish del velo. In molte comunità musulmane l’elemento di feticizzazione è il proibito - come per gli occidentali ha rappresentato il porno con le suore - mentre in quella occidentale si rileva un feticismo neocoloniale e del concetto di harem.

 

Nella religione islamica esiste una riflessione dedicata alla sessualità?

Sì. Ad esempio negli hadith [brevi trascrizioni delle parole del Profeta Maometto utilizzate in genere per una più profonda comprensione del Corano, ndr] - pur non condividendone affatto l’uso strumentalizzato e politicizzato che ne si fa - ne esistono una cinquantina dove il Profeta professa ai compagni il piacere femminile e il piacere sessuale. Trovo poi assurdo che vengano allo stesso tempo strumentalizzati hadith dove si proibisce l’inserimento di oggetti nella vagina, del resto al tempo non esistevano i dildo in silicone! [ridono]

Quando hai maturato la consapevolezza della conversione all’Islam?

Quando facevo volontariato attraverso la comunità di Sant’Egidio, paradossalmente. Facendo doposcuola ai bambini mi sono accorta che l’Islam esisteva e non era così brutale come me lo avevano raccontato.

 

Mi racconti un momento in cui hai sentito forte in te la fede?

Probabilmente il momento della conversione. Sono una persona al cui interno le cose maturano piano e poi esplodono. Allo stesso modo c’è stato un momento in cui ho avuto tanto bisogno di sentire Dio. Mi sono convertita mentre ero in una relazione con un ex violento, c’erano atteggiamenti problematici e tossici anche durante la fase di love bombing. Ero in un momento di fortissimo scoramento, mi sentivo smarritə. Così sono salitə al primo piano del suo negozio di kebab e mi sono messə a pregare spasmodicamente. Ho steso la mia giacca per terra e ho iniziato a pregare, sempre più forte. Chiedevo a Dio di esserci.

 A prescindere dalla situazione in cui ero, non chiedevo a Dio di risolvere la mia situazione dolorosa del qui ed ora, gli chiedevo di entrare nella mia vita, di accogliermi. Fu un momento molto mio, intimo. Fu l'esplosione di questo sentimento a cui permettevo finalmente di uscire fuori. Finalmente riuscivo a dirlo: ho vista una luce, liberatoria. Quella giornata è stato uno spartiacque tra la vita che avevo prima e la vita presente.

Hai chiesto a dio di esserci e dio c’è stato.

Sì, sebbene non sia stato tutto lineare per via dei numerosi abusi spirituali che ho ricevuto. Dopo che ho fatto coming out tutti pensavano che fossi stata in qualche modo plagiatə dal mio ex violento. Io stessa me ne ero convinta mettendo in dubbio me stessə. Ho questo ricordo fisso di me che impasto il pane davanti a questa parete verde, tutta verde, pensando “oddio sono statə plagiatə”. A un certo punto mi sono accortə che non era così parlando con una mia professoressa di italiano. Lei, senza alcun pregiudizio di fondo, mi chiese perché mi fossi convertitə. E io iniziai a parlare del Profeta, fu un momento in cui mi resi conto di crederci davvero. Mi sentii illuminatə, come se fossi su una nuvola: camminavo e non sapevo di farlo. Fu un momento potente.

 

Mi parli degli abusi spirituali che hai subito, se ti va?

Tutte le volte che provavo a pregare in lingua, anche per inserirmi in quella che credevo fosse la “mentalità musulmana”, nella Umma, il mio ex mi prendeva in giro dicendo che non sarei stata mai una vera musulmana e lo diceva, riflettendoci, perché forse realizzava che sapevo più cose di lui, perché ero più praticante di lui. Ad esempio non mi lasciava pregare e non mi insegnava come farlo. La preghiera la impari sì dagli hadith - che sono molto complicati - ma anche dall’esempio degli altri musulmani. Ho imparato guardando i video su YouTube.

 

Qual è stato il ruolo dei social nell’imparare la preghiera?

 Più che YouTube pensandoci è stato tramite un documento word che spiegava la traduzione. Imparai bene nell’isola di Capraia dove mi ero rifugiata per sottrarmi alla mia situazione di violenza per via dello stalking. A Capraia ero da mio zio in una casetta minuscola. Di notte o mentre era a lavoro e non c’era, mi mettevo a pregare. È stato bello, sono statə privilegiatə. Mi ricordo una notte in particolare in cui piansi, piansi in modo liberatorio, sul mio tappeto di preghiera. Un tappeto di preghiera a cui sono molto legatə, comprato per pochissimo al mercatino dell’usato. Ma tu ci pensi? Al mercato di Capraia.

 

Era lì per te.

Sì, era lì per me. Fu emozionante. Avevo delle finestre aperte, entrava un’aria tiepida ma carica di ossigeno, del profumo di isola, di sale, di alberi. Una notte stellata come solo nelle isole possono esserci. La mia famiglia sperava che la fede nell’Islam si spegnesse e invece è solo cresciuta.

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Federica Dauri